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Come vivere più a lungo e sentirsi meglio, la vitamina C

LA  VITAMINA C (Fonte: Linus Pauling – Come vivere più a lungo e sentirsi meglio)

Quindici anni fa molte persone, sulla base della loro esperienza personale, erano già convinte del fatto che un aumento nell’assunzione di vitamina C fornisse protezione contro il comune raffreddore, anche se la maggior parte dei medici e delle autorità nel campo dell’alimentazione continuava a descrivere la vitamina C come priva di valore nella cura del raffreddore comune o di qualsiasi altra malattia, a eccezione dello scorbuto, che si manifesta per la specifica carenza di tale vitamina. Quando presi in esame la letteratura medica, scoprii che era stato compiuto un numero di studi eccellenti e che, per la maggior parte, essi dimostravano appunto l’efficacia della vitamina C nella prevenzione del raffreddore comune.

Nel corso dei miei studi sulla vitamina C, ho appreso come essa eserciti un’azione antivirale e fornisca qualche protezione non solo contro il raffreddore comune, ma anche contro altre malattie virali, incluse l’influenza, la mononucleosi, l’epatite e l’herpes. È importante sapere che una buona assunzione di vitamina C e di altre vitamine è in grado di migliorare lo stato generale di salute, tanto da provvedere a una protezione rilevante nei confronti delle malattie virali. Essa può inoltre accrescere la voglia di vivere e favorire la cura dei disturbi di cuore, del cancro e di altre malattie, rallentando anche il processo di invecchiamento.

Nell’aprile del 1970 scrissi al dottor Albert Szent-Gyòrgyi, lo scienziato che per primo isolò l’acido ascorbico (l’altro nome della vitamina C) dalle piante e dai tessuti animali in cui esso è contenuto. Gli chiesi la sua opinione sulla vitamina C, specialmente in relazione alla dose ottimale di assunzione. Egli mi ha gentilmente concesso di citare una parte della sua lettera di risposta: «Per quanto riguarda l’acido ascorbico, ho avvertito, fin dall’inizio, come i medici fuorviassero il pubblico. Se non si assume l’acido ascorbico nel cibo, si prende lo scorbuto e così i medici dissero che se non si prende lo scorbuto tutto va bene. Penso che sia un errore molto grave. Lo scorbuto non è il primo segno di una insufficienza, ma una sindrome preletale, e, per vivere in piena salute, ne serve molto, molto di più (di acido ascorbico). Io stesso ne prendo circa 1 g al giorno.

Ciò non significa che questa sia la dose ottimale, poiché non sappiamo quello che significhi realmente una salute perfetta e quanto acido ascorbico sia necessario per ottenerla. Quello che posso dirle è che si può ingerire tutto l’acido ascorbico che si vuole senza il minimo pericolo».

Un regime migliore per una salute migliore

Questo regime non include tutte le misure salutari di cui sono a conoscenza; inoltre, non tiene conto dei fabbisogni alimentari particolari degli individui; per esempio, le persone con tendenza all’artrite potrebbero trarre dei vantaggi aumentando le dosi di vitamina C, di niacinamide e di vitamina B6. Il regime proposto è invece un regime medio o di base, che dovrebbe portare vantaggi a qualunque individuo. Benefici aggiuntivi potrebbero risultare da cambiamenti operati in risposta all’individualità biochimica. I punti fondamentali del regime sono elencati qui di seguito:

  1. Prendete quotidianamente da 6 a 18 g di vitamina C. Non dimenticatevene neppure un giorno.
  2. Prendete, ogni giorno, 400, 800 o 1600 UI 1 di vitamina E.
  3. Prendete una o due pastiglie di complesso vitaminico B ai giorno.
  4. Prendete una pastiglia di vitamina A da 25.000 UI al giorno.
  5. Prendete ogni giorno integratori minerali che forniscano al vostro organismo 100 mg. di calcio, 18 mg. di ferro, 0,15 mg di iodio, 1 mg di rame, 25 mg di magnesio, 3 mg di manganese, 15 mg di zinco, 0,015 mg di molibdeno, 0,015 mg di cromo e 0,015 mg di selenio.
  6. Mantenete l’assunzione di zuccheri (saccarosio, zucchero grezzo o miele) entro i 24 kg l’anno, che è la metà dell’attuale consumo medio per persona negli Stati Uniti. Non aggiungete zucchero al té o al caffè. Non mangiate cibi troppo ricchi di zucchero. Non bevete bevande analcoliche dolcificate.
  7. Mangiate ciò che vi piace, mai troppo di ogni piatto. Le uova e la carne sono cibi che fanno bene. Dovreste anche mangiare frutta e verdura. Non mangiate mai tanto da diventare obesi.
  8. Bevete molta acqua ogni giorno.
  9. Siate attivi e fate del moto. Non fate mai uno sforzo fisico superiore alle vostre possibilità.
  10. Bevete alcolici con moderazione.
  11. NON FUMATE SIGARETTE!
  12. Evitate ogni forma di stress; fate possibilmente un lavoro che vi piace e cercate di essere felici in famiglia.

La caratteristica principale di questo regime è l’apporto di vitamine. È facile abituarsi ad assumere quotidianamente vitamine ed è importante farlo. Il grande vantaggio di questo regime, rispetto ad altri metodi proposti per prolungare la vita e migliorare la salute, è che esso è basato soprattutto sulla nuova scienza dell’alimentazione. La grande differenza fra la vecchia scienza dell’alimentazione e la nuova sta nel fatto che quest’ultima ha riconosciuto che le vitamine, prese in dosi ottimali, hanno un valore di gran lunga maggiore di quando sono ingerite nelle piccole quantità usualmente raccomandate. Inoltre, con l’assunzione ottimale di vitamine supplementari non c’è più bisogno di seguire altre misure dietetiche, come il diminuire l’apporto di grassi animali o il non mangiare uova. Il regime che suggerisco si può seguire senza sforzo, giorno dopo giorno, anno dopo anno. Se fosse gravoso e sgradevole non sarebbe seguito mai da molti. La qualità della vita si innalza anche quando ci si libera dalle restrizioni dietetiche.

La vitamina C e le altre vitamine funzionano principalmente rafforzando i naturali meccanismi di difesa di cui è provvisto il corpo umano, in particolar modo il sistema immunitario, e nell’aumentare l’efficacia degli enzimi nel catalizzare le reazioni biochimiche.

E’ importante non interrompere l’assunzione delle vitamine anche per un solo giorno. Sappiamo che esiste un rebound effect (effetto rimbalzo) qualora si interrompa l’assunzione di vitamina C; tale effetto può aumentare temporaneamente il rischio di malattie. Simili effetti rimbalzo possono verificarsi anche con altre vitamine idrosolubili, sebbene finora non ne sia stato segnalato alcuno.

La maggior parte dei preparati vitaminici non subisce alterazioni nel tempo. L’acido ascorbico, sotto forma di cristalli fini o in polvere cristallina, chiuso in un flacone scuro o bianco opaco non si altera mai e si può conservare per anni. Anche le pastiglie hanno una durata abbastanza lunga e possono conservarsi altrettanto bene per anni nello stesso tipo di flaconi sopraindicati. Le soluzioni di acido ascorbico possono ossidarsi se esposte alla luce o all’aria.

Poiché gli esseri umani posseggono una propria individualità biochimica, è possibile che ciascuno possa rispondere in modo soggettivo all’aumento di assunzione di vitamina C. Dal momento che la vitamina C è necessaria come sostanza nutritiva essenziale, e tutti i nostri antenati la tollerarono per milioni di anni, è assai improbabile che qualcuno possa esservi allergico. Esiste, tuttavia, una piccola possibilità qualora le compresse non siano in polvere. Naturalmente, è saggio aumentare o diminuire la quantità giornaliera di questa sostanza gradualmente.

Se ne prendete 1 g al giorno e, ciò nonostante, vi siete presi due o tre raffreddori durante l’inverno, sarebbe saggio assumerne una quantità maggiore. Inoltre, se vi siete esposti alla possibilità di prendervi un raffreddore, essendo stati in contatto con chi ne soffriva, o vi siete raffreddati voi stessi, o siete stanchi per il troppo lavoro o per mancanza di sonno, sarebbe saggio aumentare la quantità di vitamina C che prendete abitualmente. Sarebbe opportuno portare sempre con voi delle compresse da 1 g di acido ascorbico: ai primi sintomi di raffreddore o di mal di gola o di presenza di muco nel naso, nonché di dolori muscolari o di malavoglia in generale, iniziate subito il trattamento, ingerendo una o più compresse. Continuate per parecchie ore, prendendo ancora due o più compresse ogni ora. Se i sintomi scompaiono rapidamente dopo la prima o la seconda dose maggiorata di acido ascorbico, potrete ritornare tranquillamente a quella abituale.

Nel 1968, il dottor Edme Régnier ha osservato che tutte le volte che un raffreddore viene stroncato o allontanato con l’aiuto di un uso adeguato di vitamina C, l’infezione virale non scompare immediatamente, ma permane latente, per cui è importante che il regime di vitamina C venga prolungato per un periodo di tempo adeguato.

L’acido ascorbico non è costoso ed è innocuo, anche se ingerito in grandi quantità. Quando scoppia un raffreddore, esso può comportare seri disagi e non poche sofferenze; la nostra efficienza diminuisce e ci si sente quasi degli invalidi per qualche giorno. Pertanto è meglio abbondare nella dose di acido ascorbico piuttosto che limitarla. Potrebbe essere opportuno aumentarne l’assunzione al limite della tolleranza intestinale. Bisogna anche badare a stare bene in allerta ai primi sintomi di raffreddore e combatterlo immediatamente: se si aspetta un giorno, o anche qualche ora, prendendo una quantità minima di vitamina C, non sarà più possibile in seguito arrestarne il processo.

Il potere della vitamina C e di altre vitamine viene spiegato dalla recente conoscenza di come esse funzionano principalmente nel rafforzamento dei meccanismi naturali di difesa del corpo, specialmente del sistema immunologico. Tuttavia, l’establishment dedito allo studio dell’alimentazione si rivelò altrettanto lento nel riconoscere questa scoperta quanto lo fu quello dei medici nei confronti dei colleghi Holmes e Semmelweiss.

Già nel 1937 A. Szent-Gyòrgyi, lo scienziato che aveva isolato la vitamina C, disse che le vitamine, usate in modo appropriato, potevano dare risultati fantastici nel miglioramento della salute umana. Tuttavia anche oggi, a distanza di mezzo secolo, le autorità mediche continuano a ignorare l’evidenza della validità di una dose ottimale di queste importanti sostanze. Esse persistono nel raccomandare non più della dose supplementare minima, stabilita dall’esperienza clinica più di mezzo secolo fa, quella cioè necessaria a prevenire le malattie derivanti da deficienze vitaminiche nella dieta. I loro consigli ostacolano una più profonda conoscenza da parte della gente e la pratica di un nuovo metodo di alimentazione.

Il tasso ottimale di assunzione di acido ascorbico potrebbe ancora restare nell’ambito del tasso, e cioè di 2,3 g al giorno o più, o potrebbe anche scendere un poco; naturalmente, esiste sempre il fattore dell’individualità biochimica.

L’acido ascorbico è una polvere bianca cristallina che si scioglie rapidamente nell’acqua. La sua soluzione ha un sapore acido che ricorda quello del succo d’arancia. È un acido debole, un poco più forte dell’acido acetico che si trova nell’aceto, ma più debole dell’acido citrico (presente nei limoni e nei pompelmi), dell’acido lattico (presente nel latte acido e nei crauti) e dell’acido tartarico (presente nell’uva). Nei fluidi del corpo, che di solito non sono né acidi né basici, l’acido ascorbico si dissocia completamente in uno ione di ascorbato e in uno di idrogeno. Lo ione di idrogeno si combina con i gruppi basici delle proteine o con uno ione di bicarbonato (HCO3). È lo ione di ascorbato che partecipa alle numerose reazioni fisiologiche che richiedono la presenza di vitamina C, specialmente alla sintesi del collagene, che riveste un’importanza specifica.

L’assunzione ottimale di acido ascorbico per un essere umano adulto varia da 2,3 g a 10 g al giorno. Le differenze biochimiche individuali sono tali che, su una vasta popolazione, il tasso di assunzione può essere incluso fra i 250 mg e i 20 g o anche più, al giorno. Come ho già detto in precedenza, queste quantità sono nettamente superiori a quelle indicate dalla RGR. Le dosi raccomandate dal Ministero dell’Alimentazione e della Nutrizione, ente preposto al mantenimento di una buona nutrizione per tutti i cittadini sani degli Stati Uniti, sono di 35 mg al giorno per i neonati, di 45 mg per i bambini e raggiungono i 60 mg per gli adulti (80 per le donne incinte e 100 per quelle che allattano). Nel raccomandare queste dosi, il Ministero ha stabilito che l’assunzione minima giornaliera di acido ascorbico indispensabile per prevenire lo scorbuto è di 10 mg e che le dosi un poco superiori che esso raccomanda dovrebbero fornire un’ampia integrazione, atta a compensare le differenze individuali, e costituire un sovrappiù nell’eventualità di un’alimentazione carente. Fu respinta l’idea che effetti benefici sarebbero potuti derivare da un’assunzione maggiore di acido ascorbico, sulla base di rapporti da cui emergeva che l’attività fisica e psicomotoria delle persone non era stata potenziata da integrazioni di acido ascorbico varianti fra i 70 e i 300 mg al giorno, e che il sanguinamento delle gengive, rilevato fra i militari, non era cessato con l’integrazione di 100 o 200 mg giornalieri di vitamina C, somministrata per un periodo di tre settimane. Esistono, tuttavia, pubblicazioni di molti rapporti sui suoi effetti benefici, se essa viene ingerita in quantità superiori. L’acido ascorbico non è una sostanza pericolosa: nella letteratura medica è descritto come «virtualmente non tossico». I porcellini d’India, cui era stato somministrato giornalmente per via orale o endovenosa (infusione di ascorbato di sodio, il sale di sodio dell’acido ascorbico) in una quantità corrispondente allo 0,5 per cento del loro peso corporeo, per un certo numero di giorni non mostrarono alcun segno di intossicazione (Demole, 1934); questa quantità corrisponde, per un essere umano, a circa 350 g. al giorno. Ne sono state somministrate grandi dosi a cani e gatti contro il cimurro, l’influenza, la rinotracheite, la cistite e altre malattie; i risultati sono stati positivi e non è mai apparso alcun segno di tossicità (Belfield e Stone, 1975; Belfield, 1978, 1982). La dose quotidiana consisteva in 1 g per libbra (= 0,45 kg) di peso corporeo ed era iniettata per via endovenosa (due volte al giorno, mattina e pomeriggio); dose corrispondente a circa 150 g quotidiani per un uomo adulto. Alcune persone hanno ingerito dai 10 ai 20 g di vitamina C al giorno per venticinque anni, senza che si producessero calcoli renali o altri effetti collaterali (Klenner, 1971; Stone, 1967). Pazienti affetti da glaucoma sono stati trattati con circa 35 g di vitamina C (0,5 g per 1 kg di peso corporeo) ogni giorno per sette mesi consecutivi. (Virno e colleghi, 1967; Bietti, 1967). Gli unici effetti collaterali denunciati furono disturbi intestinali (feci molli) durante i primi tre o quattro giorni. A pazienti affetti da morbi virali o da schizofrenia ne sono stati somministrati fino a 100 g al giorno, senza che si manifestassero sintomi di intossicazione (Klenner, 1971; Herjanic e Moss-Herjanic, 1967). Un ammalato di cancro ne ha presi 130 g al giorno per nove anni, ricavandone beneficio. Una grande quantità (parecchi grammi) di acido ascorbico, ingerito da solo, può causare a qualcuno disturbi gastrici e intestinali, ma non è mai stato rilevato alcun altro effetto collaterale più serio.

La quantità di vitamina C da me raccomandata come ottimale potrebbe essere ingerita anche attraverso il cibo che mangiamo, ma ciò richiederebbe un tipo di cucina in cui si facesse grande uso di peperoni (piccanti o dolci, verdi o rossi) e di uva passa. Altri cibi vegetali forniscono meno di 350 mg di vitamina C per ogni 100 g del loro peso. Il succo d’arancia, di limone, dei piccoli cedri verdi, di pompelmo e di pomodoro, le foglie della senape, gli spinaci e i cavolini di Bruxelles contengono una buona quantità di acido ascorbico: da 25 a 100 mg ogni 100 g. I piselli e i fagiolini, il mais, gli asparagi, l’ananas, i pomodori, l’uva spina, i mirtilli, i cetrioli e la lattuga ne contengono meno, in una quantità variabile fra i 10 mg e i 25 mg per ogni 100 g. Quantità ancora inferiori (meno di 10 mg ogni 100 g) si trovano nelle uova, nel latte, nelle carote, nelle barbabietole e nella carne cucinata. L’acido ascorbico presente nei cibi viene facilmente distrutto con la cottura ad alte temperature, specialmente se essa avviene in pentole di rame e, in una certa misura, anche di altri metalli. I cibi cotti trattengono generalmente soltanto circa la metà dell’acido ascorbico presente negli stessi cibi da crudi. La perdita della vitamina può essere ridotta al minimo con una cottura breve, in poca acqua; acqua che non deve poi essere gettata, poiché contiene parte della vitamina estratta dal cibo.

L’individualità biochimica

La mutazione genetica che soppresse nei primati la capacità di elaborare la vitamina C offre un chiaro esempio delle innumerevoli variazioni genetiche attraverso le quali, per selezione naturale, si diversificarono gli organismi che oggi conosciamo. La possibilità di osservazioni biochimiche ci consente di studiarne l’evoluzione dall’interno: essa ci dà una misura quantitativa della ricchezza di differenze all’interno degli individui di una singola specie. Mostra come ciascuno di noi, esseri umani, possieda un’individualità biochimica, che si manifesta scarsamente nelle differenze che si osservano nell’uno o nell’altro individuo, ma che di esse è solo parzialmente responsabile. Consideriamo ora alcune caratteristiche genetiche come, per esempio, il peso del fegato in relazione al peso totale dell’essere umano o la concentrazione di un certo enzima nei globuli rossi del sangue.

Ho accettato la conclusione a cui essi sono pervenuti, nonché quelle raggiunte da altri ricercatori, che suggeriscono che la quantità ottimale di assunzione di acido ascorbico per gli esseri umani copre un ampio spettro, che presenta forse ottanta variazioni, dai 250 mg ai 20 g al giorno o anche più. La vitamina C è stata oggetto di numerosi studi e su di essa esistono migliaia di pubblicazioni scientifiche. Il lettore di questo libro avrebbe tutti i diritti di chiedersi, in primo luogo, perché la scala dei valori dell’assunzione ottimale di questa importante sostanza non fu determinata con sicurezza nel passato e, in secondo luogo, perché nessuno sa dirgli quanta assumerne per godere della salute ottimale. Parte della risposta alla prima domanda è implicita nel fatto che una quantità molto piccola della vitamina, forse 10 mg al giorno, è sufficiente per prevenire lo scorbuto e i medici e i dietologi hanno accettato l’idea che una quantità maggiore non sia necessaria. Anche se è stato osservato da alcuni medici, quaranta o cinquant’anni fa, che delle dosi cento o anche mille volte superiori sono assai valide nel controllo di malattie diverse, come è già stato detto ampiamente in questo libro, la categoria medica e la maggioranza degli scienziati ne hanno ignorato l’evidenza.

Quando la vitamina C viene presa per via orale, essa è per lo più assorbita nel sangue attraverso le mucose della bocca e la prima parte dell’intestino tenue. Se la quantità assunta è piuttosto piccola, fino a 250 mg, circa l’80 per cento di essa viene assorbito nel sangue. In dosi maggiori, la quantità assorbita è inferiore (circa il 50 per cento per 2 g) e decresce ancora se le dosi aumentano (Kuiber e Gehler, 1970). Di conseguenza, è più vantaggioso ingerire la vitamina C in piccole dosi, per esempio 1 g ogni tre ore, che non prenderne un’unica dose massiccia una sola volta al giorno. Inoltre, una quantità di ascorbato di sodio iniettata nel circolo sanguigno è più efficace nel trattamento delle malattie di quanto non sia se presa per via orale. Per una modesta assunzione giornaliera di acido ascorbico, fino a circa 150 mg, la sua concentrazione nel plasma sanguigno è quasi proporzionale all’assunzione: questa concentrazione è di circa 5 mg per litro per una dose giornaliera di 50 mg, di 10 mg per litro per 100 mg e di 15 mg per litro per 150 mg. Nel caso di un’assunzione superiore ai 150 mg al giorno, la concentrazione nel sangue aumenta molto meno con l’aumentare della dose, raggiungendo circa i 30 mg per litro per un’assunzione di 10 g al giorno di acido ascorbico più acido deidroascorbico (Harris, Robinson e Pauling, 1973). La ragione di questo cambiamento, che avviene quando l’assunzione supera circa i 150 mg al giorno, è che una quantità maggiore della vitamina comincia a essere espulsa con le urine.

Gli esperimenti suggeriscono che esistono tre tipi di esseri umani rispetto alla capacità di utilizzazione dell’acido ascorbico da parte dell’organismo: quelli che ne espellono quantità basse, quelli che ne espellono quantità medie e quelli che ne espellono quantità alte. Questo concetto, tuttavia, non è ancora stato esaminato esaurientemente.

In definitiva La vitamina C, può essere considerata un normale costituente dell’organismo, necessario per vivere. Essa è coinvolta in quasi tutte le nostre reazioni biochimiche e in tutti i meccanismi di difesa del corpo. Con un’assunzione comune, queste rea- zioni e questi meccanismi non funzionano con la sufficiente efficacia; la persona che ingerisce i 60 mg. consigliati nelle RGR, vive in uno stato che può definirsi di comune cattiva salute (stato che i medici e i dietologi chiamano invece «comune buona salute»). L’assunzione ottimale di vitamina C, unitamente ad altre misure salutari, può assicurare uno stato di reale buona salute e di protezione dalle malattie. L’aumento di questa protezione è assicurato, come vedremo al capitolo 12 dal rafforzamento del sistema immunologico, in un processo in cui la vitamina C gioca un ruolo chiave. L’assunzione ottimale deve essere necessariamente elevata.

RAFFREDDORE ED INFLUENZA

Le misure da prendersi per la prevenzione e il trattamento dell’influenza, facendo uso di vitamina C, sono essenzialmente uguali a quelle richieste per il raffreddore comune. La maggior parte della gente dovrebbe cominciare con un’assunzione regolare di 1 g o più di vitamina C all’ora; tuttavia, un’assunzione elevata non dovrebbe venire usata come pretesto per continuare a lavorare fino allo stremo delle forze. Chi dovesse contrarre un raffreddore o l’influenza, dovrebbe mettersi a letto, stare coricato per qualche giorno e bere grandi quantità di liquidi cui sia stata aggiunta vitamina C; in tal modo si limita il rischio che la malattia diventi grave. Se la febbre non scompare al terzo giorno, specialmente se alta, occorre assolutamente chiamare il medico. Un’assunzione elevata di vitamina C dovrebbe prevenire un’infezione batterica secondaria fin dall’inizio. Se invece essa dovesse verificarsi, il vostro medico potrà curarla con una giusta dose di antibiotici. Il medico potrebbe anche iniettare grandi quantità di ascorbato di sodio. Persone soggette a rischio speciale, come coloro che soffrono di malattie al cuore, ai polmoni, ai reni, e di alcuni disturbi metabolici, incluso il diabete, possono venire consigliate di vaccinarsi. Lo stesso consiglio dovrebbe essere esteso ai medici, alle infermiere e a tutti coloro che sono maggiormente esposti al virus. Costoro dovrebbero prendere anche della vitamina C; essa li proteggerà dagli effetti collaterali della vaccinazione, come pure dalla malattia. Se ha inizio un attacco di influenza ed esso non viene bloccato dalla vitamina C, dovreste continuare a prenderla in dosi massime; ciò dovrebbe rendere l’attacco di influenza più lieve e più breve. La vitamina C ha valore nella prevenzione e nella cura non solo del raffreddore comune e dell’influenza, ma anche di altre malattie virali e di varie infezioni batteriche. Il suo principale meccanismo d’azione consiste nel rafforzamento del sistema immunitario. Essa può anche avere un effetto antivirale diretto, che rende in qualche modo inattivo il virus. Ci sono pochissimi farmaci efficaci contro le infezioni virali e pertanto l’azione antivirale, già illustrata, della vitamina C è particolarmente importante. La maggioranza delle infezioni batteriche possono essere efficacemente curate con gli antibiotici appropriati e con altri farmaci, ma la vitamina C ha un suo valore integrativo in questo trattamento.

LE  ALLERGIE

Molta gente soffre di asma, febbre da fieno, rinite allergica, o manifesta reazioni abnormi a certe sostanze, come la polvere, il polline o altri fattori ambientali, alcuni cibi o medicine. Già da tempo vari ricercatori (Korbsch, 1938; Holmes e Alexander, 1942; Holmes, 1943; Leake, 1955; altri riferimenti si trovano in Stone, 1972) hanno messo in luce il fatto che queste persone possono trarre un certo giovamento dalla vitamina C e da altri nutritivi. Il potere di rafforzare il sistema immunitario che è stato accertato per la vitamina C fa pensare che essa possa risultare efficace nel controllo delle reazioni di ipersensibilità, che sono essenzialmente reazioni immunitarie. Lo affermano molte ricerche recenti che mostrano l’efficacia della vitamina C in dosi giornaliere di 500 mg o anche più. Una ricerca approfondita sugli effetti di dosi superiori deve ancora essere effettuata. Un importante agente molecolare implicato sul fenomeno dell’ipersensibilità è l’istamina:

Una volta rilasciata, l’istamina si combina con certe proteine specifiche, e avvia la reazione allergica: i capillari della pelle si dilatano, le loro pareti diventano permeabili ai fluidi, producendo un «pomfo» (una protuberanza che brucia o prude, simile a quella provocata dalla puntura di una zanzara) e arrossamento; le arteriole si dilatano, il che fa affluire alla regione colpita una quantità di sangue superiore alla norma. La dilatazione dei vasi sanguigni nel cervello può provocare cefalea. La contrazione dei muscoli lisci in risposta all’istamina può provocare restrizione dei bronchi e difficoltà respiratorie. Anche il cuore può risentirne, accelerando le sue contrazioni e battendo più in fretta. Il prurito è provocato dall’effetto dell’istamina sulle terminazioni nervose. Sono state eseguite varie ricerche con molteplici osservazioni. Queste osservazioni suffragano la conclusione che un maggiore apporto di vitamina C sia efficace nel controllo dei problemi dell’ipersensibilità. Clemetson (1980) ha confrontato i livelli di istamina e di vitamina C in 223 donne incinte e in un certo numero di donne non incinte, e ha trovato che le prime avevano livelli più bassi di vitamina C e più alti di istamina delle seconde.

L’asma (asma bronchiale) è una malattia caratterizzata da difficoltà respiratorie causate dalla contrazione spasmodica dei bronchi, che ricorre a intervalli, accompagnata da affanno respiratorio, da una sensazione di costrizione al petto, da tosse ed espettorazione. Un attacco spesso segue all’esposizione a un allergene, ma talvolta è dovuto a uno stress psicosociale (trauma emotivo) o ad altre cause di stress, come la fatica fisica, le malattie respiratorie virali, l’inalazione di aria fredda, di scarichi di benzina o di vernice fresca, il fumo delle sigarette o un mutamento della pressione barometrica.

Relazioni che trattano dell’efficacia della vitamina C nel controllo dell’asma sono cominciate ad apparire verso il 1940. Oggi disponiamo di un buon numero di dati che dimostrano la realtà di tale efficacia, da assommarsi a quella della terapia convenzionale. Alcune delle prime ricerche avevano dato risultati negativi, forse perché venivano usate dosi di vitamina troppo basse e per periodi troppo brevi. La maggior parte delle ricerche più recenti ha invece mostrato l’efficacia della vitamina C: per esempio, una «mancanza d’aria» provocata da inalazione di istamina (Zuskin, Lewis e Bouhuys, 1973), da polvere di lino (Valic e Zuskin, 1973) o da polveri di tessuti vari (Zuskin, Valic e Bouhuys, 1976) fu parzialmente tenuta sotto controllo per parecchie ore con 500 mg. Di vitamina C. Ogilvy,

IL CUORE 

Le patologie cardiache (febbri reumatiche e disturbi reumatici cardiaci, ipertensione, ischemia, infarto acuto del miocardio e altre forme ancora) costituiscono la principale causa di morte nei paesi industrializzati; inoltre esistono le patologie connesse (ictus, arteriosclerosi e altre patologie delle arterie). Sono convinto che il tasso di mortalità relativo a queste patologie a ogni età potrebbe essere diminuito in misura notevole, probabilmente ridotto della metà, attraverso un uso appropriato della vitamina C e di altri nutritivi.

Insieme con la riduzione del saccarosio nella dieta, vi è un’altra misura che tutti possono adottare per ridurre il rischio di malattie cardiache provocate da un alto livello di colesterolo nel sangue: si tratta dell’assunzione di vitamina C supplementare. Aumentando l’apporto di vitamina C si ottiene una diminuzione del colesterolo totale, del colesterolo LDL, dei trigliceridi e un aumento del colesterolo HDL; tutti modi per accrescere le difese contro le malattie cardiache. Il tasso di colesterolo totale dipende dalla vitamina C in vario modo. Ginter (1973), in Cecoslovacchia, ha mostrato che un’alta dose di vitamina C aumenta il tasso di rimozione del colesterolo dal sangue attraverso la sua conversione in acidi biliari, che vengono escreti con la bile nell’intestino (ulteriori dati vengono forniti da Turley, West e Horton, 1976). Questa conversione implica delle reazioni di idrossilazione, che richiedono generalmente dell’ascorbato.

La scoperta che un alto livello di HDL aiuta a prevenire i disturbi cardiovascolari risale a molto tempo fa (Darr, Russ ed Eder, 1951), ed è stata confermata da molte ricerche recenti, come la Tromso Heart Study condotta in Norvegia (Miller e colleghi, 1977) e una ricerca fatta alle Hawaii (Rhoads, Gullrandsen e Kagan, 1976). Numerose altre ricerche recenti hanno confermato che un aumento nella quantità di vitamina C ingerita innalza il livello dell’HDL (Bates, Mandai e Cole, 1977; Harte e colleghi, 1984; Glover, Koh e Trout, 1984).

Possiamo concludere che un aumento della vitamina C ingerita potrebbe portare a una diminuzione del tasso di mortalità dal 20 al 60 per cento per la popolazione a rischio.

IL CERVELLO

Di tutti gli organi del corpo umano, il cervello è il più sensibile alla sua composizione molecolare; è noto che il corretto funzionamento del cervello richiede la presenza di molti tipi diversi di molecole nelle giuste concentrazioni. Il cervello è l’ambiente fisico, molecolare della mente e la fisiologia del cervello tende a mantenere sempre costante tale ambiente. Nelle persone che soffrono di scorbuto la concentrazione di vitamina C nel cervello si mantiene alta anche quando il sangue e gli altri tessuti ne sono quasi privi. Il cervello è talmente sensibile che se una persona resta priva di ossigeno per qualche minuto, esso muore (condizione indicata da un elettroencefalogramma piatto), mentre gli altri organi sopravvivono.

Una ricerca interessante sulla relazione tra l’intelligenza, quale risulta indicata dai test standard di capacità mentale, e la concentrazione dell’acido ascorbico nel plasma sanguigno è stata riferita da Rubala e Katz (1960). I soggetti erano 351 studenti di quattro scuole (dagli asili infantili all’università) in tre città. Inizialmente essi furono suddivisi in un gruppo che possedeva più acido ascorbico (più di 1,10 mg di acido ascorbico per 100 ml di plasma sanguigno) e in un gruppo che ne aveva meno (meno di 1,10 mg per 100 ml) in base ad analisi di campioni di sangue. Vennero quindi selezionati 72 soggetti in ciascun gruppo, con cui si formarono delle coppie che si equivalevano come situazione socio-economica (reddito familiare, educazione del padre e della madre). Si riscontrò che il quoziente d’intelligenza (QI) medio del gruppo che possedeva più acido ascorbico era superiore rispetto a quello del gruppo che ne possedeva meno in ognuna delle quattro scuole; in tutte le 72 coppie di soggetti, i valori del QI medio erano rispettivamente 113,22 e 108,71, con una differenza media di 4,51.

I disturbi affettivi sono una forma di malattia mentale che implica un sentimento, o un’emozione, o una perturbazione, che si manifestano come risposta e reazione inadeguate alle circostanze oggettive contingenti. I disturbi schizofrenici sono forme di disordini affettivi che tendono a cronicizzarsi; essi sono contraddistinti da vari sintomi psicotici, come autoinganni, allucinazioni, o un cattivo funzionamento mentale che dura per un certo tempo. Tutti hanno periodi di tristezza, di depressione e di dolore dopo la morte di una persona cara o dopo una delusione, come tutti hanno periodi di euforia dopo un successo o il raggiungimento di un obiettivo. È solo quando questi periodi durano troppo a lungo, quando lo stato d’animo è molto intenso, quando il soggetto non risponde alle rassicurazioni e ad altri tentativi di aiuto, che lo si può definire come psicotico e sofferente di un disturbo affettivo. La schizofrenia e altri disordini affettivi sono le malattie mentali più gravi. Si stima che circa il 12 per cento dei maschi e il 18 per cento delle femmine soffrano di qualche forma di disordine affettivo clinicamente significativo nel corso della propria vita, mentre circa il 2 per cento attraversa uno o più episodi schizofrenici. I disordini affettivi (depressione, eccitamento, episodi schizofrenici) hanno un gran numero di cause, tra cui l’assunzione di alcuni farmaci (contraccettivi, steroidei, altri steroidi, l-dopa, reserpina, cocaina, sedativi, anfetamine e altri ancora) e alcune malattie (influenza, epatite, mononucleosi, encefalite, tubercolosi, sifilide, sclerosi multipla, cancro e altre). Altre cause sono le carenze vitaminiche di vitamine del gruppo B o una risposta allergica a certi cibi, a prodotti chimici e ad altri fattori ambientali (Hoffer e Osmond, 1960; Hawkins e Pauling, 1963; Cheraskin e Ringsdorf, 1974; Philpott, 1974; Pfeiffer, 1975).

Ho parlato con molti psichiatri ortomolecolari: la quantità media di niacina somministrata è di circa 8 g al giorno, associata a un’uguale quantità di vitamina C e solitamente anche a buone quantità di altri nutritivi. Essi sembrano quindi concordare con la stima di Osmond che circa il 20 per cento dei pazienti ospedalizzati per la prima volta per schizofrenia acuta ai quali venga somministrato un trattamento ortomolecolare ha un altro attacco che richiede l’ospedalizzazione, mentre con il solo trattamento convenzionale tale percentuale raggiunge il 60 per cento. Sembra fuor di dubbio che l’integrazione con questa vitamina, come coadiuvante del trattamento convenzionale appropriato, abbia una grande efficacia.

Altri autori misero in rilievo il fatto che esistono vari tipi di schizofrenia, e che può darsi che pazienti diversi traggono vantaggio da differenti modificazioni nutrizionali, assumendo quantità ottimali di niacina, acido ascorbico, tiamina, piridossina, o altre vitamine, minerali e sostanze nutritive.

Oggi sono molti gli psichiatri ortomolecolari. Parecchi articoli interessanti sono stati pubblicati su The Journal of Orthomolecular Psychiatry. Io credo fermamente che un miglioramento in campo nutrizionale dovrebbe far parte del trattamento di tutti coloro che soffrono di problemi mentali, e sono felice che siano stati fatti dei passi avanti in questa direzione.

ARTRITE  E  REUMATISMI

L’artrite è l’infiammazione di un’articolazione; sono stati individuati oltre cento tipi di artrite, dovuti a cause diverse. La gotta, per esempio, è causata dalla formazione di cristalli di urato di sodio nell’articolazione. Anche agenti infettivi, quali i batteri gonococchi o i virus della parotite o dell’epatite, possono provocare l’infiammazione delle articolazioni.

L’artrite reumatoide e l’osteoartrite si distinguono facilmente. Nell’artrite reumatoide i gonfiori articolari delle dita sono molli e dolenti; nell’osteoartrite sono duri e, di solito, non causano dolore. Le articolazioni prossime alle estremità delle dita sono normalmente compromesse dall’osteoartrite, non quelle, però, vicine al polso; nell’artrite reumatoide, invece, è compromesso il polso, oltre a parte della mano e alle estremità delle dita. Il reumatismo (fibromiosite) comprende un gruppo di forme morbose che comportano dolore, abnorme sensibilità e rigidità. Esso può colpire non soltanto le articolazioni (artrite reumatoide) ma anche i muscoli e le strutture adiacenti.

Il pioniere della terapia vitaminica del reumatismo e dell’artrite fu un giovane medico del New England, il dottor William Kaufman. Per assicurarsi una valutazione obiettiva dello stato di salute e del miglioramento dei suoi pazienti, egli costruì una serie di goniometri (strumenti per la misurazione degli angoli), con cui misurare gli angoli secondo cui si possono muovere le diverse articolazioni del corpo umano. Misurando un migliaio di persone in buona salute, egli ottenne una curva standard che indicava l’indice di mobilità media dell’articolazione in funzione dell’età: esso scendeva lentamente con il crescere dell’età. Kaufman misurò anche la mobilità dell’articolazione nei pazienti con disfunzioni articolari e trovò che l’indice scendeva molto al di sotto della curva standard. Verificò, inoltre, che i pazienti avevano valori della velocità di eritrosedimentazione molto più elevati di quelli dei soggetti di controllo sani. Di conseguenza, aveva a disposizione due modi obiettivi per valutare lo stato di salute dei pazienti. Io stesso ho avuto l’opportunità di controllare l’efficacia della niacinamide, in associazione alla vitamina C, in alcuni casi di artrite di miei pazienti, con risultati che sostengono le conclusioni di Kaufman. Per quanto ne so, nessun gruppo di ricercatori ha tentato di ripetere il lavoro di Kaufman nel campo dell’artrite. Questa mancanza di interesse può essere, ancora una volta, frutto del pregiudizio generale che i medici hanno nei confronti delle vitamine, mentre in parte può essere dovuta al fatto che nessuno può ricavare profitti economici dalla niacinamide, proprio come per la vitamina C.

IL CANCRO

Il cancro, comprese le neoplasie dei sistemi linfatico ed ematopoietico (che presiedono cioè alla formazione delle cellule del sangue), è la causa del 22 per cento del totale dei decessi negli Stati Uniti. Ogni anno circa 600.000 persone si ammalano di cancro, e la maggior parte di queste, più di 420.000, muore di tale malattia. Le sofferenze provocate dal cancro superano quantitativamente di gran lunga quelle dovute alle altre malattie. È per tale ragione che il governo federale statunitense ha privilegia to la ricerca sul cancro, assegnandole varie centinaia di milioni di dollari all’anno; nel 1985 tale finanziamento ha raggiunto un totale di 1 miliardo di dollari. Malgrado questo fiume di denaro e tutti gli sforzi dedicati allo studio del cancro, i progressi durante gli ultimi venticinque anni sono stati lenti. Un significativo aumento del tempo di sopravvivenza dopo la diagnosi è stato raggiunto circa trent’anni fa, soprattutto in seguito ai progressi della tecnica chirurgica e anestetica. Durante gli ultimi venticinque anni sono stati fatti alcuni progressi nel trattamento di alcuni tipi di cancro, consistenti nella chemioterapia e nella terapia radiante; ma per la maggior parte dei tipi di cancro non c’è stato un calo essenziale né nell’incidenza né nel periodo di sopravvivenza dopo la diagnosi, ed è ormai evidente che occorre qualche idea nuova, se si vogliono conseguire successi più rilevanti.

Un’idea nuova è quella di usare forti dosi di vitamina C sia per prevenire il cancro sia per trattarlo. Il lavoro più importante in questo senso è stato fatto dal dottor Ewan Cameron, già primario di chinirgia nel Vale of Leven Hospital di Loch Lomondside, in Scozia, e ora direttore sanitario del Linus PAULING Institute of Science and Medicine. Ho avuto la fortuna di collaborare con Cameron nella sua ricerca clinica in questo campo durante gli ultimi quattordici anni. Un resoconto del nostro lavoro si trova nel libro Cancer and Vitamin C, del 1979, e negli articoli pubblicati, citati in bibliografia e riassunti più avanti in questo stesso capitolo. Un altro chirurgo che ha dato un importante contributo in questo campo è il dottor Fukumi Morishige, di Fukuoka, in Giappone. Irwin Stone, nel suo libro del 1972 The Healing. Factor: Vitamin C Against Disesase (Il fattore curativo: la vitamina C contro le malattie), ha esaminato le prime pubblicazioni in cui veniva affermato che dosi di vitamina C da 1 a 4 g al giorno, talora in concomitanza a un supplemento di vitamina A, si erano dimostrate efficaci nel tenere sotto controllo il cancro in alcuni pazienti.

Nel 1951 fu riferito che i malati di cancro hanno solitamente una bassa concentrazione di vitamina C nel plasma sanguigno e nei leucociti, spesso solo la metà del valore normale. Questa osservazione è stata verificata molte volte durante gli ultimi trent’anni; nel 1979 Cameron, PAULING e Brian Leibovitz riferirono su tredici ricerche che mostravano tutte grandi diminuzioni nelle concentrazioni di vitamina C sia nel plasma sia nei leucociti. Il livello dell’acido ascorbico nei leucociti dei malati di cancro è solitamente così basso che queste cellule non sono in grado di svolgere la loro importante funzione di fagocitosi, consistente nell’inglobare e digerire batteri e altre cellule estranee all’organismo, comprese le cellule maligne. Una spiegazione ragionevole di questo basso livello è che il loro organismo, impegnato nell’utilizzo della vitamina C per combattere la malattia, ne esaurisca le risorse; ciò suggerisce l’opportunità di somministrare loro una forte dose di vitamina C, allo scopo di potenziare al massimo le difese naturali del loro organismo

Da parecchi anni è noto che i malati di cancro hanno un tasso di vitamina C nel sangue più basso del normale, e che questi pazienti, soprattutto se sono dei bambini, hanno un’elevata tendenza a sviluppare infezioni. L’infezione è una delle principali cause di mortalità e di morbilità nei bambini affetti da cancro, in parte perché le terapie anticancerogene danneggiano il meccanismo immunitario. Il basso livello della vitamina C nel sangue dovrebbe ovviamente essere rettificato in tutti i malati di cancro mediante un’assunzione della vitamina in dosi elevate. Tale assunzione fornirebbe anche una certa protezione contro le malattie infettive e dovrebbe costituire un valido complemento alla terapia convenzionale nel trattamento delle malattie infettive, oltre che dello stesso cancro. Sembra che molti medici non abbiano mai imparato, o abbiano dimenticato, questi dati di fatto sulla vitamina C, le infezioni e il cancro. Ne è un esempio un recente articolo sulle infezioni nei bambini affetti da cancro (Hughes, W. T., «Infections in children with cancer: Part I: Most common causes and how to treat them», in Primary Care & Cancer, ottobre 1984). Questo articolo cita undici fattori come indicatori di un’aumentata vulnerabilità alle malattie infettive in un bambino affetto da tumore maligno. Uno di questi fattori è un’alimentazione inadeguata. Viene discusso l’effetto della terapia adottata, del tipo di tumore maligno e della sua incidenza sui meccanismi di difesa naturale dell’organismo, ma non si fa cenno alla vitamina C e ad altri nutritivi come sostanze capaci di rafforzare tali meccanismi; in sostanza, non viene discussa la dieta né vengono date raccomandazioni in proposito.

L’ascorbato nell’organismo umano ha una notevole capacità di distruggere le sostanze tossiche: esso collabora con gli enzimi del fegato, favorendo la loro reazione con tali sostanze, spesso idrossilandole, convertendole in altre che non sono tossiche e che verranno eliminate con le urine. Non sappiamo ancora in quale misura l’assunzione di quantità ottimali di vitamina C possa proteggere l’organismo dalle sostanze cancerogene presenti nel nostro cibo, nelle nostre bevande e nell’ambiente; tuttavia esistono alcuni fattori che fanno pensare che tale azione protettiva possa essere ingente.

Ewan Cameron, prima che ci conoscessimo e collaborassimo assieme, aveva operato un centinaio di malati di cancro nel suo reparto chirurgico, in Scozia. Come molti altri, era convinto che questa malattia, fonte di tanta sofferenza, andasse affrontata con uno spirito nuovo. Egli raccolse moltissime informazioni sul cancro e formulò una nuova teoria sulla sua eziologia, che nel 1966 rese pubblica in un libro, Hyaluronidase and Cancer (Ialuronidasi e cancro), in cui ipotizzava la possibilità di aumentare in misura significativa il controllo del cancro rafforzando i meccanismi naturali di difesa dell’organismo umano. In particolare, egli citava il fatto che i tumori maligni producono un enzima, la ialuronidasi, che attacca la sostanza intercellulare dei tessuti circostanti, indebolendola a un punto tale da permettere l’invasione della neoplasia nei tessuti stessi. Egli suggeriva di trovare qualche sistema per rafforzare la sostanza intercellulare, rafforzando contemporaneamente i meccanismi naturali di difesa dell’organismo in misura tale da permettergli di resistere all’attacco delle cellule maligne. Per parecchi anni Cameron provò a somministrare vari ormoni e altre sostanze a malati di cancro in stadio avanzato, ma non riuscì a trovare alcuna sostanza o miscela di sostanze che fossero efficaci. Lessi quel libro e rimasi molto colpito dalla sua tesi. Lavoravo da tempo sulla vitamina C in relazione al raffreddore comune e ad altre malattie, e nel 1971 pensai che la nota proprietà dell’acido ascorbico (quella di aumentare la velocità di sintesi del collagene) avrebbe potuto rafforzare la sostanza intercellulare attraverso l’aumento della sintesi di fibrille di collagene, che sono una parte importante di tale sostanza. Accennai a questa ipotesi nel discorso che feci in occasione dell’inaugurazione del Ben May Laboratory for Cancer Research nella Pritzker Medicai School dell’università di Chicago. Nel frattempo, Cameron aveva indipendentemente raggiunto, in via ipotetica, la conclusione che l’ascorbato potesse essere implicato nella sintesi dell’inibitore spontaneo della ialuronidasi, e aveva già cominciato a prescriverlo con prudenza a pazienti terminali di cancro affidati alle sue cure. Nel novembre del 1971 egli lesse sul New York Times un resoconto del mio discorso. Immediatamente ci mettemmo in contatto, dando inizio a una lunga e produttiva collaborazione. Cameron era rimasto deluso dai suoi esperimenti con vari ormoni; invece riscontrò subito che il trattamento con la vitamina C era di considerevole aiuto ai suoi pazienti, e nei dieci anni successivi diede grandi dosi di questa vitamina a varie centinaia di malati di cancro in stadio avanzato: quasi tutti erano pazienti per cui i convenzionali metodi di cura erano stati già provati senza giovamento. Insieme con i suoi collaboratori, Cameron pubblicò vari articoli in cui riferiva le sue osservazioni. In uno di questi, gli autori riferivano che, a quanto sembrava, la vitamina C riusciva a controllare il dolore, al punto che pazienti che prima ricevevano grandi dosi di morfina o diamorfina poterono poi fare a meno di questo narcotico (Cameron e Baird, 1973). Cameron pubblicò anche un rapporto dettagliato sui primi cinquanta malati di cancro in stadio avanzato che erano stati trattati con forti dosi di vitamina C (Cameron e Campbell, 1974) e un articolo su un paziente che sembrava guarito completamente da un cancro dopo la somministrazione della vitamina C in cui, tuttavia, quando fu interrotta tale somministrazione, il cancro ricomparve; questo paziente guarì di nuovo completamente non appena si riprese il trattamento con la vitamina C. Il paziente continuò a prendere la vitamina C, 12,5 g al giorno, e dopo dodici anni era ancora in ottima salute (Cameron, Campbell e Jack, 1975). La prima osservazione fatta da Cameron fu che la maggior parte dei pazienti trattati con ascorbato godevano di un benessere maggiore e presentavano un miglioramento clinico generale. Tra i benefici goduti da questi pazienti vi erano: diminuzione del dolore, riduzione delle asciti maligne (cellule mandate in giro dal tumore che possono diventare agenti di metastasi) e degli essudati pleurici maligni, riduzione dell’ematuria, inversione parziale dell’epatomegalia maligna e dell’ittero maligno, diminuita velocità di sedimentazione dei globuli rossi e del livello sieromucoso del siero, tutti indicatori accettati di una diminuzione dell’attività maligna. Ciò permetteva di concludere che tanto l’aumentato benessere quanto il prolungamento accertato del tempo di sopravvivenza risultavano da un significativo attacco alla condizione maligna da parte dell’ascorbato, o diretto o mediato dai meccanismi naturali di difesa dell’organismo. Nel 1973 io e Cameron pensammo che fosse il caso di effettuare una sperimentazione controllata, in cui metà dei pazienti, scelti lanciando una moneta o mediante sistemi più sofisticati di casualità, dovesse ricevere 10 g di vitamina C al giorno e l’altra metà un placebo. Nel frattempo, però, Cameron si era talmente convinto dell’efficacia della vitamina C nei casi di cancro avanzato che non era disposto, per ragioni etiche, a privare anche un solo paziente affidato alle sue cure di tale beneficio; di conseguenza, non effettuò questa sperimenta – zione con i suoi pazienti. Fu allora che mi recai al National Cancer Institute per suggerire l’opportunità di tale sperimentazione, come ho narrato in precedenza in questo stesso capitolo. Anche se non eravamo in grado di effettuare un esperimento clinico a doppio cieco, potevamo sempre fare un esperimento controllato. Il Vale of Leven Hospital è un grande ospedale, con 440 posti letto, che registra ogni anno circa 500 nuovi pazienti di cancro.

Nel 1976 comunicammo i tempi di sopravvivenza sia di un centinaio di pazienti terminali di cancro a cui era stato dato ascorbato supplementare sia di un gruppo di controllo di un migliaio di pazienti che all’inizio si trovavano in condizioni analoghe, che erano stati trattati dagli stessi clinici nello stesso ospedale e che avevano ricevuto le stesse cure, eccezion fatta per l’ascorbato supplementare. In tal modo i mille soggetti del gruppo di controllo forniva dieci pazienti di controllo per ogni paziente trattato con l’ascorbato; tali soggetti di controllo erano equiparabili per quanto riguardava il sesso, l’età, il tipo di tumore primario e lo stato clinico di «incurabilità». Affidammo a un medico esterno, che non era a conoscenza dei tempi di sopravvivenza dei pazienti trattati con l’ascorbato, l’incarico di esaminare le cartelle cliniche di ciascuno dei pazienti di controllo e di stabilire per ciascuno di loro il tempo di sopravvivenza, cioè il tempo, espresso in giorni, intercorrente fra la data dell’abbandono di tutte le forme convenzionali di trattamento e quella della morte. I risultati furono sorprendenti perfino per noi (Cameron e Pauling, 1978).

Basandosi sui risultati delle nostre ricerche, Cameron e io abbiamo raccomandato che a qualsiasi paziente di cancro venga consigliato di prendere forti dosi di vitamina C, in aggiunta alla terapia convenzionale appropriata, cominciando quanto prima nel decorso della malattia. Quante persone potrebbero essere aiutate con questo sistema? L’informazione quantitativa di cui disponiamo si basa essenzialmente sull’osservazione effettuata in Scozia su pazienti affetti da cancro avanzato, cui vennero somministrati 10 g di vitamina C al giorno; come risultato di osservazioni su varie centinaia di pazienti, Cameron è giunto alle seguenti conclusioni: Categoria I: nessuna risposta del tumore, ma solitamente un miglioramento nel benessere generale (nel 20 per cento circa dei casi). Categoria II: risposta piuttosto modesta (nel 25 per cento circa dei casi). Categoria III: rallentamento della crescita del tumore (nel 25 per cento circa dei casi). Categoria IV: nessun cambiamento nel tumore (situazione stazionaria) (nel 20 per cento circa dei casi). Categoria V: regressione parziale del tumore (nel 9 per cento circa dei casi). Categoria VI: regressione completa del tumore (nell’uno per cento circa dei casi). I risultati migliori si ottengono con dosi superiori a 10 g al giorno. Nel nostro libro Cancer and Vitamin C, Cameron e io abbiamo così espresso le nostre conclusioni: «Questo semplice e sicuro trattamento, l’ingestione di grandi quantità di vitamina C, ha una precisa efficacia nel trattamento di pazienti affetti da cancro in stadio avanzato. Anche se non disponiamo ancora di dati sufficienti, noi siamo convinti che la vitamina C abbia un’efficacia ancora maggiore nel trattamento di malati di cancro a uno stadio precoce della malattia, come pure nella prevenzione del cancro».

L’INVECCHIAMENTO

L’invecchiamento è il processo di avvicinamento alla morte ed è accompagnato da un graduale deterioramento delle funzioni fisiologiche e biochimiche, come l’attività degli enzimi, a partire dall’età di circa trentacinque anni, continuando poi a un ritmo crescente. Il tasso di mortalità aumenta con l’età a causa del processo di invecchiamento. A ogni età la morte può essere causata da malattia, incidente, suicidio od omicidio. Negli Stati Uniti gli incidenti sono la causa di circa il 4,5 per cento dei decessi, il suicidio di circa 11,4 per cento, l’omicidio dell’un per cento e le malattie del 93 per cento. Il tasso della mortalità causata dalle malattie è una misura del cambiamento dello stato di salute provocato dall’invecchiamento.

Una teoria sull’invecchiamento è quella che molte variazioni molecolari che si sviluppano nel corpo umano con l’andar del tempo sono provocate dai radicali liberi, atomi o molecole che sono particolarmente reattivi perché contengono un elettrone in più o in meno (Denham, 1981). Essi possono provocare cambiamenti nella struttura e nella funzione di molecole importanti, quali gli enzimi, e produrre mutazioni somatiche, mutazioni nelle cellule dell’organismo, da tenersi distinte dalle mutazioni nell’ovulo o nello spermatozoo, che possono condurre alla nascita di bambini affetti da malformazioni. Caratteristica dell’invecchiamento è la diminuzione dell’elasticità della pelle e la comparsa di rughe, specialmente nelle zone esposte alla luce del sole: le mani, il viso e il collo. Bjorksten (1951) ha sviluppato una teoria dell’invecchiamento.

Inevitabilmente, l’invecchiamento è accompagnato da un rallentamento dei processi biochimici e fisiologici dell’organismo, diminuendo la resistenza alle malattie e aumentando la loro incidenza e le probabilità di morte. Le molecole dell’acido desossiribonucleico (DNA), che controlla la sintesi degli enzimi e di altre proteine, subiscono cambiamenti (mutazioni somatiche), che portano a una diminuita produzione di queste importanti sostanze o a variazioni molecolari che ne diminuiscono l’attività. Questi cambiamenti enzimatici dipendono da un insieme di fattori, come una nutrizione insufficiente dovuta a scarso appetito, il fatto di non prendere vitamine supplementari e la diminuita attività degli enzimi digestivi. L’aumento del numero di cellule che contengono anomalie cromosomiche contribuisce a questi effetti.

Controllando il raffreddore comune, l’influenza e gli altri acciacchi per mezzo di dosi supplementari di vitamina C e di altre norme salutari, possiamo non soltanto evitare il disagio di queste malattie, ma anche rallentare la velocità con cui si deteriora il nostro organismo e si esauriscono le nostre riserve di vitalità. Le persone anziane e gli ammalati spesso procedono rapidamente verso la morte perché non mangiano abbastanza; la loro scarsa nutrizione è spesso dovuta a indigenza, ma può anche avere come causa il fatto che essi non hanno più i sensi del gusto e dell’olfatto intatti

La mia stima, fatta sulla base dei risultati di ricerche epidemiologiche e di altre osservazioni, è che mediante l’uso ottimale di supplementi vitaminici e altre misure sanitarie, la durata del periodo del benessere fisico e quella della vita potrebbero essere aumentate di 25-35 anni.

TRATTO DAL LIBRO: Come vivere più a lungo e sentirsi meglio – Linus Pauling

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